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Milano, 16 aprile 1998
Tre anni fa, il 16 aprile 1995, iniziava la nostra splendida storia con Antonella, per questa ricorrenza avevamo inventato con la nostra bambina, un giorno da festeggiare: “La Festa della Famiglia”, ove la tradizione voleva che si andasse in gita fuori Milano e che lei ricevesse in dono una piccola e simbolica medaglietta d’oro, raffigurante “1 lira”.
Le avevamo promesso che questa tradizione sarebbe continuata per sempre e che da grande avrebbe potuto fame una collana e che... ma, purtroppo ne ha ricevute solo due, la terza e tutte le altre successive continueremo a comprarle e tenerle in memoria di quella che è stata una famiglia speciale!
In occasione dell'anniversario, che avrebbe dovuto essere la "3^ Festa della Famiglia"... inviamo una copia del pieghevole pensato e progettato da noi, per ricordare a voi tutti… parenti ed amici la nostra piccola mancata a gennaio.
Abbiamo scelto di inserire più fotografie, perché le alternanze dei suoi stati di salute hanno fatto sì che lei diventasse, in questi soli tre anni, la bambina dai mille volti e dalle mille espressioni: tutte bellissime e significative, ma tutte legate indissolubilmente alla “sua storia” di vita con la “sua malattia”, che l'hanno condizionata nel bene e nel male fino alla tragica e dolorosa conclusione.
Inizialmente l'idea dell'esecuzione del pieghevole, doveva ricordare la nostra favola preferita: “Il brutto anatroccolo” di Andersen, a questa favola avevamo delegato la spiegazione e l'accettazione da parte di Antonella di quanto avveniva al suo aspetto esteriore, nei momenti di crisi dovuti alla malattia.
Tante volte lei ci ha chiesto di raccontargliela e tante volte ci siamo emozionati con lei; specialmente quando, verificando allo specchio di essere tornata un “brutto anatroccolo”, ci chiedeva quando sarebbe ridiventata “cigno” e fiduciosa si rasserenava, certa che presto sarebbe successo.
Pertanto, la scelta delle foto da inserire avrebbe dovuto rappresentarla nelle sue fasi alterne di “cigno/anatroccolo” ma poi, nel rispetto della sua privacy, abbiamo deciso per quelle che lei più amava, per quelle che più si accostavano alle parole conclusive della favola:
Eccola, quindi, nella sua forma fisica migliore, quella che la faceva una bambina normale come tutti i bambini normali, quei bambini che non soffrono e che vivono sereni, quei bambini a cui lei pensava nei momenti di dolore, dicendo «Non è giusto, un bambino non dovrebbe soffrire così…»
L'idea della fiaba non è stata accantonata, infatti sarà il soggetto del monumento funebre che stiamo progettando, sarà una rappresentazione che dalla favola passerà al mistico… il brutto anatroccolo che, trasformatosi in uno splendido cigno, volerà via, in cielo... verso una croce luminosa!!!
C'era anche “nostra favola inventata”, che raccontava di una pigra cicogna che arrivava dall'Africa con un “fagottino” sgambettante sostenuto dal becco, stanca del lungo viaggio e desiderosa di riposarsi al più presto, anziché arrivare con il suo prezioso carico alla casa di Milano dove ansiosamente l’aspettavano, si era fermata in un paesino incrociato sulle coste meridionali d’Italia, lasciando due genitori delusi in attesa al nord e caricando di responsabilità altri due genitori del sud.
Poi, visto che nessuno l'aveva scoperta, quella monella della cicogna successivamente ci riprovò e tutte le volte che era stanca nei suoi viaggi, lasciava i “fagottini” destinati altrove, sempre nella stessa casa di quel paesino, già con troppi figli, accumulando problemi su problemi ...
Come si divertiva con questa fiaba, era la versione fantastica della sua storia fin troppo seria, le piaceva avere a disposizione le due versioni, ove una sdrammatizzava l'altra e le permetteva di spaziare con la fantasia fino al punto che, quando vide la videocassetta di “Dumbo, l'elefantino volante”... disse che la sottoscritta assomigliava all'elefantessa con la proboscide alzata verso il cielo che scrutava in lontananza, in attesa della cicogna che invece di volare di corsa da lei con il suo cucciolo, stava seduta su una nuvoletta a riposare, controllando che il pesante fagotto contenente Dumbo non finisse di sotto!
Caro Amore, come sei stata tenera!
Antonella era una bimba che con tanta forza e determinazione voleva vivere, è riuscita a passare indenne attraverso situazioni drammatiche, è riuscita ad adattarsi lottando nelle piccole e nelle grandi imprese che la sua breve vita le ha posto sul suo cammino, nei momenti di difficoltà ci chiedeva con gioia o con rabbia di essere spronata ed aiutata.
E per questo, quanta gratitudine e riconoscenza sapeva dimostrarci, sia con le parole che con i gesti, sia con le mille piccole attenzioni nei nostri confronti, sia con il suo sguardo carico di amore.
Teneramente ammiccante, splendidamente generoso d'affetto e testardamente possessiva, curiosa, invadente, presente, gioiosa: si viveva in simbiotica intriganza.
Era una bambina molto bella, una bambina e una donna… una bambina quando non soffriva, una donna quando soffriva.
Persino negli ultimi giorni di vita è stata grande! Per non farla ricoverare nuovamente, avevamo deciso di mantenerla in casa, seguiti costantemente e fraternamente dal medico dell'ospedale; ero molto in crisi, farle personalmente la terapia del dolore, voleva dire essere combattuta fra il desiderio egoistico di “tenerla” ancora il più possibile vicina in una lucida sofferenza, oppure sedarla sempre più e “perderla” nell'indolore incoscienza… piano, piano.
Dolcemente e teneramente ci ha aiutato lei, ci ha dato l'indicazione per quello che “dovevamo” fare e per quello che inconsapevolmente si “aspettava” da noi:
un giorno, precisamente il 1°giorno dell'anno, al suo risveglio… serena e contenta perché non aveva dolore e cosciente del fatto che le iniezioni (nel catetere venoso centrale) di morfina e valium avevano fatto effetto, ci disse... «Grazie, perché mi state facendo guarire!».
Ed io ebbi il "coraggio" di confermare... «Certo amore... ancora pochi giorni e... ti passa tutto!!!».
Lei mi guardò e... sorrise felice!
La sera di quello stesso giorno, poi... ci ha letteralmente scioccati perché, nonostante fosse sdraiata nel suo lettino, abbastanza intorpidita dalla sedazione, sentendo per televisione Luca Laurenti cantare la canzone “I Just Called to Say - I Love You”, durante lo trasmissione “Buona Domenica - Buon Anno”, si mise a cantare anche lei... ad occhi chiusi e con il ditino alzato nell'aria per portare il tempo!
Dopo soli quattro giorni… la sua sofferenza… ebbe termine!!!
Come un uragano è arrivata e come un uragano è andata via, ma quanto ci ha insegnato!
Quanti l'hanno conosciuta, sono stati colpiti dalla sua maturità e la serenità che esprimeva con lo sguardo, pur nei modi di bambina; i messaggi di cordoglio ricevuti sono significativi.
Senza retorica e senza falsi pudori, possiamo dire che siamo stati fortunati ad essere entrati nella sua vita, che siamo contenti ed orgogliosi di avere fatto per lei quello che abbiamo fatto.
Anche se, ora, nel grande dolore che ci pervade, quanti tormenti ci assalgono per quello che non siamo riusciti a fare e quanti rimpianti per quello che avremmo potuto fare meglio.
Poco può aiutarci in questo periodo, cercare di continuare nella normalità la nostra vita, a volte ci sembra un'atroce violenza; imparare a convivere con il “lutto” non è facile.
Bisogna imparare a capire che i momenti si alternano in un'altalena di sentimenti, dove ora ti sembra di riuscire a metabolizzare il dolore e dove un momento dopo, ti sembra tutto relativo e vuoto di significato.
Perdere un figlio è il più “innaturale” di tutti gli altri lutti… è sentirsi “orfani” come genitori, è la naturale proiezione nostra che si spezza: non si può fare a meno di immaginarlo crescere, non si riesce a non pensare a tutto quello che avrebbe potuto fare o dire, sono sensazioni e percezioni… difficili da collocare o da definire.
Ci rimangono di lei i ricordi, le foto, i filmini, i suoi disegni ed i suoi scritti… ovvero, le decine di letterine che seminava per casa, felice che noi le trovassimo e ci emozionassimo per… le cose dette e per quelle non dette ma sottintese.
E ci rimane una grande nostalgia ed un enorme senso di vuoto, che… “vivrà” con noi per il resto della nostra vita!
Licia ed Eugenio
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